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Cuvée de Prestige

Anteprima: ecco il tanto atteso Dom Pérignon P2 1998!

Se ne parla tanto, perfino troppo, anche a sproposito da parte di qualcuno, ma finalmente cala il velo dell’attesissima nuova annata di Dom Pérignon Œnothèque, la 1998. Ops,...
di Alberto Lupetti

champagne Dom Pérignon P2 1998

Se ne parla tanto, perfino troppo, anche a sproposito da parte di qualcuno, ma finalmente cala il velo dell’attesissima nuova annata di Dom Pérignon Œnothèque, la 1998. Ops, però non si parla più di Œnothèque, bensì di P2, che sta per Plénitude Deuxième. Dico subito che, nei tentativi di anteprima (alla fine nessuno ha parlato del vino in sé…) dei giorni passati, s’è detto di tutto e di più a proposito di questo cambio di nome, parlando impropriamente di trovata commerciale per lanciare questo ennesimo Dom Pérignon. Bene, ecco perché dico “impropriamente”: sin dalla prima volta che ho assaggiato un DP Œnothèque con Richard Geoffroy, l’eclettico chef de cave ha sempre parlato delle plénitudes, ovvero di quelle finestre temporali durante le quali il vino si trova nella sua miglior fase espressiva. Ho ben espresso il concetto di plénitude in occasione della recensione del DP Œnothèque 1969, però val la pena ricordare che queste finestre cadono mediamente dopo 7, 12-15 e 20-40 anni dalla vendemmia, quindi si parla di première plénitude nel caso del Vintage, di deuxième plénitude nel caso di quello che fino a oggi abbiamo conosciuto come Œnothèque con l’etichetta nera e i fregi argento e, infine, di triosième plénitude per l’Œnothèque sempre con l’etichetta nera, ma con i fregi oro. Nulla di nuovo, dunque, semplicemente in casa DP hanno pensato di mettere maggiormente – e finalmente – l’accento su questo concetto di plénitudes, lasciato finora alla libertà di racconto di ciascuno. Anzi, visto l’abuso da parte di molti che si fa del termine œnothèque (ma anche di dégorgement tardif, récemment dégorgé e simili), credo che in DP abbiamo fatto bene, sì!

Benoît Gouez e Richard Geoffroy
Una delle mie più belle esperienze in champagne in assoluto: siamo al “département de l’œnologie” di Moët & Chandon, si fanno le anteprime Moët con Benoît, poi arriva Richard e si passa a DP. In quest’occasione, ho assaggiato per la prima volta il P2 1998, insieme ad Amedeo Pasquino e Pascal Tinari.

Ma veniamo a questo benedetto P2. Per la prima volta, l’ho assaggiato lo scorso gennaio: dopo le anteprime Moët & Chandon con Benoît Gouez, arriva Richard e si passa a Dom Pérignon.

Tra le varie chicche ecco l’attesissima anteprima di quello che per me era l’Œnothèque 1998. Riporto pari pari le note che scrissi nell’occasione: “colore vivace per un naso fresco ed elegante, ricco e brillante, pervaso da un fruttato bianco e dall’imprescindibile mineralità. Cresce man mano nel bicchiere, facendosi croccante e sempre più opulento. E più lo bevi e più ti piace, nel senso che nella sua spettacolare eleganza ti conquista piano piano, sorso dopo sorso. Diavolo d’un Richard!”.

Ecco, ricordo benissimo che con i primi sorsi feci l’errore di paragonarlo all’Œnothèque 1996, salvo poi capire che mi trovavo di fronte a un’altra annata, ben diversa, e a gradi di maturazione post dégorgement anch’essi ben diversi. Allora ho iniziato a comprendere questo 1998 e mi sono innamorato dell’ennesimo capolavoro. Però Richard mi fece giurare il silenzio, così queste primissime note di degustazione sono rimaste ad aspettare nella mia agenda.

Richard Geoffroy
Un uomo un mito: Richard Geoffroy. Anche stavolta è riuscito a stupirci!
degustazione prima bottiglia DP P2 1998
Ecco, la prima bottiglia di Dom Pérignon P2 1998 assaggiata…

Ritorno in Champagne ad aprile e, ovviamente, rivedo Richard. Si riassaggia quello che scopro essere non più l’Œnothèque ma il P2 e queste sono le note che trovate più avanti, ma anche allora mi si chiese il silenzio. Fino a oggi, quando il Dom Pérignon P2 1998 si sta finalmente rivelando al mondo.

Questo champagne, che ha passato 13 anni sui lieviti chiuso con il tappo di sughero (bouchon liège, una caratteristica dei DP Œnothèque), Richard lo definisce “preciso e vibrante, intenso e dinamico”, ma parla molto acutamente di “Dom Pérignon in alta definizione” (ecco, questo è a mio avviso un modo tanto geniale quanto immediato di far capire la differenza tra il Vintage e il P2…) e di “essenza avanguardista”. È il suo modo di esprimere le sue creature, ma per esaltare l’energia insita in questo vino è andato personalmente in Islanda per le sessioni fotografiche, in modo da rappresentare anche con le immagini la sua visione del P2 e, appunto, della sua “età dell’energia”.

Per l’occasione, è stato rivisto pure l’habillage, all’insegna dell’hi-tech e del minimalismo, con la bottiglia tono-su-tono, ma con le scritte dorate, e il coffret in alluminio spazzolato, con effetto satinato. Forse risulta meno evidente rispetto agli Œnothèque precedenti (a me ricorda un po’ il primo Œnothèque, il 1992…), ma più misterioso.

degustazione dom pérignon p2 1997
Il secondo incontro con il P2 è avvenuto ad aprile, stavolta all’Abbazia di Hautvillers in un’indimenticabile degustazione one-to-one con Richard. Insieme a me c’erano Alessandro Scorsone e ancora Pascal Tinari.

Dom Perignon P2 1998

Dom Pérignon P2 1998
45% Pinot Noir, 55% Chardonnay; dosage 5 g/l
dég. 2012 – Naso opulento, profondo, concentrato di frutto, al fianco della tipicità DP (tanta mineralità e un tocco di erbe aromatiche), ma anche note fumè e uno spunto di miele che ne identifica una tenue maturità di fondo. Bocca finissima nella bollicina, rotonda e levigata nella materia, finanche spessa, addirittura masticabile, con una vena agrumata che esalta la freschezza e slancia il frutto fino al gustoso finale, pervaso da ritorni minerali. È uno champagne elegantissimo ma anche concentrato (non parlerei di mera persistenza, bensì di tenace attaccamento al palato…), per questo ti fa pensare al primo sorso, ti sorprende al secondo, ti conquista definitivamente al terzo. E alla fine non puoi più farne a meno. Proprio come quando vedi per la prima volta una trasmissione video in HD…

Molto acutamente, il buon Alessandro Scorsone lo definisce “ancora giovane, ma di personalità assoluta”.

Ricordo che, quando assaggiai per la prima volta il 1998 (che fu lanciato nel 2005) con Richard, questi parlò di “uno champagne che rivelerà tutto il suo potenziale nell’arco di almeno 30 anni”, allora mi vengono i brividi a pensare che… siamo solo a metà strada!
Voto: 96/100

PS: Première, deuxième e triosième plénitude, va bene, ma cosa succede dopo quest’ultima se si lasciasse ancora il vino sui lieviti? Richard mi disse che, per la sua esperienza, non esiste un’ulteriore plénitude, ma, da quel momento, dalla terza, inizia una sorta di stabilizzazione della maturazione che può protrarsi ancora per decine e decine d’anni. Una sorta di ibernazione, o meglio una fase lentissima della maturazione che porta il vino a sfidare il tempo.

Nuovo habillage per il DP 1998
Nuovo nome per questa seconda release del DP 1998, ma anche nuovo habillage: misterioso e fascinoso.
Gli champagne Dom Pérignon sono distribuiti in esclusiva da:
Moët-Hennessy Italia – tel. 02/6714111 – www.moethennessy.it

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0 risposte a “Anteprima: ecco il tanto atteso Dom Pérignon P2 1998!”

  1. …mi sono emozionato nel leggere l’articolo, non oso immaginare cosa si possa provare con un’esperienza del genere! 🙂
    Complimenti!

  2. Caro Alberto,

    Sono un giovane appassionato di champagne.
    Ti faccio i complimenti per il sito e per quanto ti dedichi ad aggiornarlo continuamente.
    Ho da poco acquistato per la seconda volta la guida agli champagne, che apprezzo ed utilizzo per consultazione.
    Due sere fa ho aperto con due amici una bottiglia di Dom Perigoni P2 1998.
    Purtroppo, in relazione al costo della bottiglia, devo dire che è stata un’esperienza al di sotto delle aspettative.
    Una volta versato nel calice, il vino è poco impressionante a partire dal colore, pallido, e dal perlage, fine ma tutt’altro che persistente.
    Il naso attende a farsi apprezzare…solo dopo qualche minuto, quando il vino si riscalda, arrivano un’esplosione di mineralità e di iodio. Chiudendo gli occhi, mi sembrava di essere in spiaggia, d’inverno, durante una mareggiata (raramente un servizio fotografico ad una bottiglia ha scelto luoghi sì appropriati come l’Islanda per il P2, ho pensato…).
    Il palato è piacevole, ma a mio avviso è esageratamente salino più che cremoso e consistente. Inoltre, non posso dire che sia persistente.
    Mentre riassaggiavo curioso lo champagne con i miei amici anch’essi appassionati, scoprivo che il perlage stava esaurendosi…scherzosamente, ma neanche troppo, si sorrideva sarcastici del fatto che il vino che avevamo nel calice si fosse trasformato in poco più che un buon Chablis…

    • Grazie delle bellissime parole e… complimenti per la grande passione!
      Avete aperto un’eccellente bottiglia (a proposito, complimenti anche per l’ottima analisi) che forse non era al meglio. Non dovrebbe succedere, ma, purtroppo, può succedere. Infatti, se concordo assolutamente con la netta minerali iodata, nella mia esperienza non ho rilevato né il decadimento della bollicina, né la scarsa persistenza. ma, lo ripeto, credo sia stata la bottiglia e non erto al vostra capacità…
      Invece, la necessità di un po’ di bicchiere per rivelarsi appieno è tipico dei grandi champagne (e dei grandi vini), che devono “aprirsi”.
      Capisco che non è una cosa facile né trascurabile per il portafogli, ma magari un futuro riassaggio potrebbe rivelarsi più in linea con le aspettative.
      Infine, vi siete già “cimentati” con il fratello minore, il Vintage 2004?

      • Grazie della risposta Sig. Lupetti,

        mi scuso per il ritardo ma non avevo avuto notifica dell’avvenuta sua risposta.
        Credo anche io che potesse trattarsi di una bottiglia non al meglio…nonostante fosse stata acquistata in enoteca, questo non è stato sufficiente a garantirne la buona conservazione.

        Per risponderle, mi sono già cimentato eccome con il Vintage 2004! Ne ho aperte 4 bottiglie dalla sua messa in commercio, una delle quali più “colorita”, la versione limitata by Iris Van Herpen, che avevo avuto occasione di acquistare al prezzo della classica con scudetto verde oliva.

        Vado a ripescare nei miei appunti le parole che ho dedicato a quest’annata di Dom Perignon:
        mettendo il naso nel bicchiere si riconosce subito la firma Dom Perignon…il naso è inizialmente agrumato, sull’arancia. Lasciando che il vino salga di qualche grado l’arancia lascia spazio alle note di torrefazione, quel profumo di caffè macinato bruciacchiato che resta attaccato alla base della moka. In bocca è molto cremoso e replica il naso ma trovo che sia ancora “giovane” e che abbia grandi potenzialità di evolvere in bottiglia. Il classico esempio di champagne del quale, avendo disponibilità economiche, acquistare molte bottiglie per apprezzarne l’evoluzione anno per anno.

        Recentemente ho bevuto il 2003 e il 2003 rosè…niente da dire sul 2003 blanc, grande mineralità, note fumé, anch’io vi ho trovato l’amaro piacevole del rabarbaro…
        ma il 2003 rosé…per lei in bocca vale il prezzo del biglietto? Colore fantastico per via del taglio con pinot noir, ramato, fin ambrato…al naso fragolina selvatica deliziosa…in bocca trovo che l’amaro sia troppo prevalente…

        …sbaglio?

        • Buongiorno,
          mi fa piacere le sia piaciuto il Vintage 2004 (bellissima, poi, la versione Iris Van Herpen), perché lo trovo uno dei più “buoni” DP mai fatti.
          Sul 2003, invece, s’è detto di tutto e di più, spesso a sproposito. Vedo che il blanc sta facendo ricredere molti e migliorerà sempre di più, stesso discorso per il Rosé, solo che serve molto più tempo. L’amaro è un tratto distintivo delle annate calde e ha bisogno di molto tempo per “riassorbirsi”.
          Ho avuto la fortuna di assaggiare le prove di OEnothèque, pardòn, P2 di entrambi, attualmente sui lieviti, e devo dire che Richard Geoffroy ci stupirà ancora una volta…

  3. Buongiorno
    in tema di cambio “etichetta” mi è sorto un dubbio per quanto riguarda l Oenotheque 1993, ne ho visti parecchi con l etichetta nera e argento ma mi è anche capitato di vederne con l etichetta nera e oro.
    Essendo l annata 1993 quella del cambio è possibile che ne abbiano fatte un po’ e un po’ o c è il rischio che qualcuna sia un falso ?
    Grazie e sempre complimenti.

    MM

    • I primissimi DP OE avevano l’etichetta verde con i fregi oro e le scritte argento. Poi, con l’arrivo dei 3ème Plénitude, le hanno differenziate: fondo nero e fregi argento per i 2ème (1993, 1995 e 1996), fondo nero e fregi oro per i 3ème. Così, capita di vedere dei 1990 2ème con l’etichetta verde e i 3ème con la nera, mentre nel caso del 1993 è andata come dice lei: i primissimi dégorgement erano verdi, gli altri neri.

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