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Il Personaggio

Richard Geoffroy: genio e sensibilità al servizio di Dom Pérignon

Alzi la mano chi non conosce Richard Geoffroy… Nessuno, vero? Beh, certamente, essere lo chef de cave di Dom Pérignon lo esposto mediaticamente, ma c’è di più: Richard...
di Alberto Lupetti

Richard Geoffroy Dom Pérignon

Alzi la mano chi non conosce Richard Geoffroy… Nessuno, vero? Beh, certamente, essere lo chef de cave di Dom Pérignon lo esposto mediaticamente, ma c’è di più: Richard è un autentico personaggio, è dotato una sensibilità eccezionale, soprattutto è un genio. Per questo, con lui Dom Pérignon è entrata in una dimensione mai raggiunta prima, abbinando non soltanto qualità, ma addirittura eccellenza a una quantità oggi certamente elevatissima. E sappiamo bene che se è piuttosto facile fare un vino straordinario in poche migliaia di bottiglie, diventa un’impresa farlo in centinaia di migliaia e… addirittura un’utopia con milioni. Invece, Richard ci riesce! Ma chi è Richard Geoffroy? 

Richard Geoffroy
Tradizione secolare: da Pierre Pérignon a Richard Geoffroy, custode dello spirito di Dom Pérignon.

È uno champenois purosangue di Vertus, classe 1954. Rappresenta la settima generazione di un’antica famiglia di vigneron del villaggio Premier Cru della Côte des Blancs e il papà è stato per ben 17 anni presidente del Syndacat Géneral des Vignerons. Pertanto, Richard è letteralmente cresciuto nello champagne, ciò nonostante, i suoi studi lo portano a diventare un medico: “fu quasi una forma di ribellione giovanile, una sorta di idealismo, ma non ho mai esercitato come medico. Però, questi studi mi hanno permesso di arricchirmi, di rendere più solida e sfaccettata la mia formazione”. Infatti, successivamente, come San Paolo sulla via di Damasco, Richard torna al vino e studia ancora, stavolta per diventare enologo: “quando provieni da un territorio, gli appartieni, gli sei legato con una sorta di cordone ombelicale. Pertanto era naturale che tornassi alle mie origini…”. Nel 1982 entra alla Moët & Chandon, iniziando lavorare al fianco di Dominique Foulon, all’epoca chef de cave sia di Moët, sia di Dom Pérignon. Successivamente, viene inviato in Napa Valley (California), quindi in Australia e Nuova Zelanda nelle tenute del Gruppo, ma, al rientro a Epernay nel 1990, Foulon lo vuole ancora con sé, avendo visto enormi potenzialità in questo giovane enologo. Così, inizia ad affidargli man mano la cuvée de prestige della maison di Epernay, fino al 1996, quando Richard diventa definitivamente e ufficialmente chef de cave di Dom Pérignon, nel frattempo sempre più marchio a se stante. A proposito di Foulon, Richard racconta: “sono molto contento di aver avuto un ottimo rapporto con lui. Di fatto, c’ho lavorato dal 1982 al 1996 e, anche se ha lasciato la maison nel 2000, siamo ancora in stretto contatto. Quando mi ha passato il testimone, il mio ruolo è stato di implementare la tradizione che lui mi ha passato e, quando a mia volta sarò io a lasciare, spero che sarò stato in grado di aggiungere ulteriore valore alla tradizione Dom Pérignon”.

Personalmente ne sono sicurissimo, ma mi vengono i brividi a pensare a DP senza Richard. Speriamo avvenga il più tardi possibile…

Degustazione con Richard Geoffroy
Richard è un autentico personaggio e le degustazioni con lui rappresentano autentiche esperienze. Emozionanti.

Curioso, comunque, scoprire come Richard abbia ricevuto il testimone da Dominique Foulon: “inizialmente non mi diceva nulla e dovevo semplicemente osservarlo. Man mano, però, si è ‘scaldato’ ed è stato un maestro meraviglioso. Mi ha insegnato che lo chef de cave sovrintende una serie di operazioni complesse e complicate. È lui a determinare l’assemblaggio e a decidere quando questo è pronto a trasformarsi in champagne. Soprattutto, mi ha insegnato che Dom Pérignon è la cantina, le annate ivi presenti, quindi la memoria storica, pertanto mi diceva che solo assaggiando avrei compreso l’essenza di Dom Pérignon! Ancora oggi ho perfettamente scolpito nella mia mente il ricordo di ogni singolo Vintage…”. Non a caso, è stato Richard, appena diventato chef de cave, a lanciare il ‘Programma Œnothèque’, con l’idea non semplicemente di far toccare con mano l’eccezionale capacità di invecchiamento di Dom Pérignon, ma di vivere la sua storia, la sua tradizione, la sua personalità sempre immutata pur nel rispetto dell’annata. Ed è sempre lui ad aver voluto l’evoluzione in P2/P3, a sottolineare il concetto di plenitude, ovvero di quelle finestre temporali che rappresentano la massima espressività di Dom Pérignon, raggiunte dopo 7 anni sui lieviti (Vintage: l’armonia), dopo 12-15 (P2: l’intensità e il picco d’energia) e, infine, dopo 25-40 anni (P3: l’integrazione e la complessità). Perché “il tempo non è lineare, è l’uomo a renderlo tale”.

Dom Pérignon P2 1998 e il vintage 2005
Quest’anno godremo ancora del P2 1998, mentre il Vintage ha appena debuttato con l’annata 2005.

Qualcuno potrebbe lamentare un eccesso di produzione di Dom Pérignon, nel senso che viene millesimato in troppe annate… Beh, innanzitutto è sempre stato così (basta guardare ai Vintage che hanno visto la luce negli anni ’70, ’80 e ’90) e questo è possibile in quanto per produrre Dom Pérignon si selezionano le migliori uve di proprietà nell’ambito dell’enorme patrimonio viticolo di Moët (oltre 1.300 ettari in 99 villaggi, di cui ben 15 Grand Cru) e, comunque, Richard ricorda che “non andiamo mai oltre le sei annate per decade”. A ogni modo, stanno debuttando due nuovi Dom Pérignon, il Vintage 2005 e il Rosé 2004. Per Richard, il lancio di una nuova annata è come la presentazione della nuova collezione da parte di un grande nome della moda, soprattutto è “energia e intensità, ma mai stile, perché stile significa continuità, cosa va bene per il sans année ma non per Dom Pérignon, nel quale la ripetizione è considerata come un nemico!”. Capito?

Questo in linea di massima, perché nel caso del Rosé la cose si fanno ancora più difficili. Per Richard, Dom Pérignon Rosé è “provocazione”, nonché “espressione del Pinot Noir, che è una sorta di ‘Santo Graal’: lo cerchi e lo ricerchi, ma ti sfugge sempre, è elusivo. Quando riesci ad afferrarlo, è come un uccellino, devi maneggiarlo con cura, con attenzione. Ciò nonostante, Rosé in Dom Pérignon significa cremosità, quindi struttura, quindi ancora complessità, ma anche frutto brillante, intenso, vivo, mai timido. Insomma, il Pinot Noir…”.

Alberto Lupetti e Richard Geoffroy
La mia ultima – cronologicamete parlando, ovviamente… – degustazione con Richard all’Abbazia di Hautvillers: non finirò mai di sorprendermi!

A ogni modo, quando ho messo il naso nel bicchiere del Vintage 2005 ho pensato “ecco il solito 2005”, un’annata che, oramai lo avrete capito, non mi piace proprio. Poi ho aspettato un po’ e ci sono tornato, allora ho trovato un altro vino, un vino che esprime i caratteri Dom Pérignon in una dimensione vegetale e alla fine risulta indiscutibilmente piacevole. Non a caso, Richard dice che “è un vino che glorifica il regno vegetale. E vegetale significa organico, di conseguenza organico è qualcosa di vivo. E il vino è vita, per questo la mia missione è mantenere la vita!”. Ancora meglio il Rosé 2004, forse meno ‘facile’ e meno immediatamente piacevole del blanc, salvo rivelarsi alla fine uno splendido champagne e un’affascinante rosé, complesso, teso, pieno di energia, assolutamente espressivo del Pinot Noir. Di questi champagne non dico altro, però, perché rimando alla prossima edizione della guida Grandi Champagne, che li vedrà entrambi assolutamente protagonisti, al fianco del P2 e di qualche P3

champagne rosé dom perignon
Alcuni dei capolavori in rosa di Richard: in senso orario, Rosé 2000, Œnothèque Rosé 1990, Œnothèque Rosé 1995 (di imminente uscita) e Rosé 2004, anch’esso al debutto.

Tanti, comunque, i capolavori di Richard: certamente i due 1990, Vintage e Rosé: all’epoca era appena arrivato in DP, certo, ma poi è stato lui a riproporli come Œnothèque. Poi c’è certamente il 1996, quindi il 1998 e il 2004, ma pure il 2003. Sì, pur se stroncato da molti, sarà uno dei Dom Pérignon più sorprendenti dei prossimi anni. Ogni volta che lo riassaggio lo trovo sempre più buono, sempre più convincente e, non a caso, Richard afferma che è un vino che “invecchia molto lentamente” e ricorda che “vendemmiammo un settimana prima degli altri. Tutti aspettarono, troppo, perché poi le uve si ‘chiusero’ improvvisamente…”. Tra i Rosé, infine, non posso non menzionare lo stupefacente 2000 e pure il 2002.

Richard Geoffroy
Talento fuori dal comune, estrema capacità comunicativa, sensibilità a 360°, forte legame con la sua terra: ecco il grande Richard Geoffroy!

Infine, voglio ricordare che per Richard Dom Pérignon è unico e indivisibile, è assolutamente assemblaggio, è paradosso degli opposti, è intensità. E, durante la maturazione sui lieviti, questo vino ritorna alla craie, nascendo una seconda volta. Ma per Richard qual è il miglior abbinamento con Dom Pérignon? Beh, il tartufo bianco…

E cosa pensa, per concludere, dei non dosati? Al crescente fenomeno degli zéro dosage Richard guarda con curiosità, ma esclude che ci sarà un Dom Pérignon pas dosé specificando che: “per me il dosaggio rappresenta il tocco finale che bilancia il vino. Non solo: poiché la liqueur è scelta con estrema attenzione, finisce per aggiungere quel qualcosa in più…”,

Alla fine, però, sapete come vede se stesso Richard? Più che winemaker, si definisce un… memory maker!

Richard Geoffroy e Œnothèque 1990
Un altro pezzo d’opera firmato Richard Geoffroy: Œnothèque 1990, la perfezione. D’altronde è stato il primo champagne al quale ho tributato 100/100…

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15 risposte a “Richard Geoffroy: genio e sensibilità al servizio di Dom Pérignon”

  1. Richard è un Mito. La sua sensibilità e conoscenza è mozzafiato! Degustare con lui è stato un onore e un privilegio. Spero vivamente che possa ricapitare. Con lui si comprende davvero l’anima dei vini DP. Tutto quello che descrive di un vino lo troviamo nel bicchiere. Fenomenale. Mercì Richard, merci Alberto!

  2. Ma in questo decennio si supereranno le 6 annate,visto che fino alla 2005 le hanno prodotte tutte e poi lei ha accennato che ne faranno un’altra(non mi ricordo bene del il 2009) o mi sbaglio ?

    • In effetti anche nel decennio passato le annate sono state sette: 90, 92, 93, 95, 96, 98 e 99. E quest’anno pure: 00, 02, 03, 04, 05, 08 e 09; se non ci sarà pure il 2006. L’idea di Richard è limitarsi a sei, ma in un Gruppo del genere e con un marchio “forte” come DP, magari le pressioni sono fortissime ed è costretto ad andare oltre…

  3. Salve,
    Come trova la dom perignon rose 2000? E quale il valore commerciale?
    Se volesse investire su uno champagne é annata vintage quale DP sceglierebbe? E se di un altra maison?

    Grazie in anticipo
    Saluti

    • Eccellente. Ancora ho ricordi magnifici di quando lo assaggiammo per la prima edizione (2012) della guida…
      Per il prezzo, invece, siamo sui 270-300 euro.
      Investire in un’annata? Domanda non facile, perché non so quanto lei voglia andare indietro nel tempo. Diciamo, senza andare troppo in là, che la tanto mitizzata 1996 spunta ottimi prezzi, sia per DP sia per gli altri, ma anche la 2002, per “avvicinarci” un po’, saprà farsi valere sul mercato. Nell’attesa della 2008…

      • Grazie mille, ho fatto bene allora ad acquistarla a 220€ astuccio compreso!
        Della serie Oenotheque 1995 cosa potrebbe dirmi? Un prezzo giusto per acquistarla?
        In effetti trovare una DP vintage 2002 ad un prezzo giusto oggi è davvero difficile, siamo intorno ai 180€…

        • Un affare!
          Per l’OE 1995, come tutti gli champagne di quell’annata sono stati un po’ dimenticati in favore dei 1996, quindi potrebbe trovarlo, neanche troppo difficilmente, sotto i 300 euro. E visto quanto è “buono” oggi il Vintage 1995, figuriamoci l’OE!

          • Salve,
            Trovato a 230€ compreso astuccio, che mi consiglia allora? Quindi vedendo la sua risposta intendo che l’OE 1995 si sta rilevando sempre migliore col passare del tempo? É un annata che potrebbe ancora crescere? Ma niente a che vedere con la blasonata 1996 vero?
            Mentre come vede la P2 1998 tra i due appena precedenti 1995 e 1996?
            Grazie

          • Ottimo prezzo. Che dirle? Amo l’annata 1995 in Champagne, più lineare ed elegante della vigorosa e scalpitante 1996. Ma la 1996 è stata fin troppo mitizzata, soprattutto in Italia…
            Ovvio che questa benedetta 1996, se ben interpretata (ed è il caso di DP), ha un potenziale di invecchiamento mostruoso, mentre la 1995 è forse nella sua fase di massima espressività. Oddio, non voglio dire che non abbia longevità, ma solo che ora è al meglio e che nei prossimi anni inizierà piano piano a farsi più matura.
            La 1998, invece, si colloca per certi versi a metà strada tra le due, come caratteristiche gustative, e il P2 lo sta giusto dimostrando. Per non dire che tra i tre è quello che berrei più volentieri per piacere in questo momento…

  4. BuonaseraSig Lupetti,mi scusi il disturbo ma solo lei può essermi di aiuto.
    mi hanno proposto l’acquisto di un DP Vintage 2000 Millesimè (astucciato) ad un prezzo molto molto interessante…100 euro.
    Secondo lei , anche se son passati diversi anni dalla commercializzazione, il gioco vale la candela?
    Come lo reputa il 2000?
    Da tenere in considerazione che l’astuccio è ” ondulato” a causa dell’umidità della cantina,ma bottiglia e libretto in perfette condizioni,quindi è sempre rimasta nel suo cofanetto,sdraiata
    Grazie per un suo consiglio
    Distinti saluti
    Alessandro

  5. Sono un sommelier da ormai tanti anni – ci sono tanti champagne, di tante Aziende, ma per me, il migliore in assoluto è il Dom… Il 19 marzo anno corrente, finalmente realizzerò il mio sogno, e cioè quello di visitare le antichissime cantine.

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