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Eric Taillet e l’essenza del suo territorio

Dimenticato per anni, al punto che i vigneron avevano difficoltà a venderlo ai négociant, man mano il Meunier ha suscitato sempre più interesse, tanto da essere oggi proposto...
di Alberto Lupetti

Champagne Eric Taillet Bansionensi
Dimenticato per anni, al punto che i vigneron avevano difficoltà a venderlo ai négociant, man mano il Meunier ha suscitato sempre più interesse, tanto da essere oggi proposto da parecchi produttori, perfino alcuni di primissimo piano del calibro di Egly-Ouriet. In passato un solo nome svettava quando si parlava di questa varietà in purezza, il grande René Collard, ma, paradossalmente, il vigneron di Reuil è stato valorizzato soltanto parecchi anni più tardi; invece la successiva riscoperta del Meunier ha visto diversi attori in campo. A cominciare da Jérôme Prevost, che è stato il primo a rimettere sotto i riflettori i blanc de noirs (e in seguito anche i più rari rosé) fatti soltanto con Meunier e lo ha fatto con indiscutibile bravura, tanto da proporsi come uno dei più validi vigneron del panorama champenoise. Jérôme ha dato il via a una vera e propria ondata di produttori che si sono cimentati con il Meunier e alcuni lo hanno fatto bene, anche molto bene (l’ultimo che mi viene in mente, cronologicamente parlando, è proprio il nipote di René Collard, quindi Oliver di Collard-Picard), altri meno, proponendo un Meunier sul versante ossidativo e molto fruttato, quasi saturante. Il problema è che c’è stato qualcuno (che, bene o male, imperversa tuttora, o, quantomeno, ci prova) che ha fatto credere che fosse questo il grande Meunier, la sua icona d’eccellenza, quando, invece, il Meunier è tutt’altro. “Il Meunier è un’uva nobile, molto territoriale, capace di dare vita a grandi champagne gourmand in un quadro di finezza e di freschezza”: ecco quanto afferma Eric Taillet da Baslieux-sur-Châtillon a proposito di questa varietà scura. Che Eric firma attualmente con inusitata ispirazione, a mio avviso accreditandosi come il successore più quotato al trono di René Collard.

Famiglia Taillet
È da quattro generazioni che questa famiglia si dedica con passione al Meunier, mentre la prima bottiglia firmata Taillet data 1961 con Daniel, il papà di Eric. Lo stesso Eric è ritratto bambino in questa foto proprio insieme ai genitori…

La famiglia Taillet coltiva il Meunier da oltre un secolo in questa zona della Vallée de la Marne, anzi nella Vallée du Beval, dove i suoli sono argillosi e i vigneti beneficiano di un’esposizione eccezionale. È il nonno materno di Eric ad aver fatto le prime bottiglie ed Eric ricorda che nella zona si son sempre fatti champagne 100% Meunier, solo che nessuno ne parlava e, peggio, nessuno voleva il Meunier. Il passaggio da vigneron puri a piccoli produttori avviene nel 1961 con la terza generazione, quindi con Daniel, il papà di Eric, ma è solo con quest’ultimo che il nome si afferma definitivamente a partire dal 1995. Anzi si consacra. Ciò nonostante, Eric Taillet è stato per anni un nome di nicchia e io stesso l’ho scoperto quasi per caso grazie al grande sommelier remoise Philippe Jamesse. E me ne sono subito innamorato…

Eric Taillet
Eric Taillet è innanzitutto una persona di travolgente simpatia, ma è anche un vigneron di rara abilità, capace di sviluppare un percorso tutto suo tanto in vigna quanto in cantina. E i risultati sono a dir poco tangibili…

A proposito del mercato attuale, Eric ammette che la forte richiesta di champagne 100% Meunier da parte degli appassionati ha portato a una vera e propria corsa a questa tipologia, ma riscontra allo stesso tempo come i più falliscano in quanto non conoscono realmente la varietà e vi si confrontano soltanto per ‘necessità’. Invece, Eric c’è nato in mezzo al Meunier, ma più importante di questo aspetto è la sua visione del Meunier in purezza, legata alla “subtilité”. Una visione fatta di una conduzione della vigna in una maniera praticamente organica, secondo pratiche messe a punto da Eric nel corso degli anni. E per sua stessa dichiarazione non punta al ‘bio’, anzi è contrario per via del rame: chapeau! Il risultato è un “sol vivant” (nelle sue vigne vanta 1.300 vermi per metro quadrato, più vivo di così!) e un’eccezionale capacità di assorbire rapidamente l’acqua piovana: anche quando vengono giù più di 50 mm, bastano pochi minuti perché l’acqua sia sparita. In cantina, dopo una vendemmia regolata dal mediare perfettamente tra la giusta maturità e la buona acidità (quindi senza inseguire ossessivamente la maturità come fanno invece altri), Eric ha i suoi piccoli segreti a cominciare dalla pressa e fino alla scelta di mettere le bottiglie sur pointe dopo 15 mesi dal tiraggio (che viene fatta rigorosamente nei ‘giorni del frutto’). Nel dettaglio, la fermentazione avviene da qualche anno con lieviti indigeni sia in piccole cuve, sia in tonneaux e la malolattica è svolta o meno a seconda non solo dell’annata, ma anche della parcella.

La gamma del buon Eric conta tre champagne da solo Meunier (ci sarebbe pure il rosé; ma la parte in rosso, ancorché esigua, è fatta con Pinot Noir), tre Blanc de Meunier come li chiama lo stesso produttore: l’Exlusiv’T, di cui ho tessuto le lodi su questo sito, e i due che trovate in Grandi Champagne 2020-21, quindi il sofisticato e raro vertice della gamma, battezzato Le Bois de Binson, e il Bansionensi. Questo nome singolare altro non è che l’antico nome latino del villaggio di Baslieux, dalle cui uve nasce appunto questo champagne. Segnatamente, si tratta di due vecchie parcelle piantate nel 1961 e nel 1962 dai genitori di Eric: una (‘La Brusse’) è esposta a interamente a nord e ha il suolo di argilla profonda, l’altra (‘Le Pierreuses’) è invece esposta sud-est e il suolo è fatto di un sottile strato di argilla prima della ‘silex’ ciottolosa. La fermentazione dei mosti, invece, avviene interamente in acciaio senza svolgere la malolattica, quindi i vini sono sempre assemblati sulla base di due annate, una di tensione e una di frutto. A seguire, il tiraggio avviene ‘bouchon liège’ con tappi tecnologici ad elevata permeabilità, ma poi il ‘bouchon d’expédition’ è tradizionale.

Questa degustazione si riferisce al Bansionensi frutto delle annate 2014 e 2015, quindi, apparentemente, il medesimo già visto in guida… invece, non è proprio lo stesso, avendo maturato un anno in più sui lieviti ed essendo poi stato dosato un po’ più basso, a 1,5 g/l. A tal proposito, la liqueur è fatta con vini della sola vendemmia 2004 e zucchero di canna. La produzione è purtroppo limitata a 1.500 bottiglie…

Controetichetta Eric Taillet Bansionensi
La controetichetta è di quelle che gli appassionati vorrebbero sempre vedere, con tutte le informazioni.

Bansionensi

Bottiglia Bansionensi Eric Taillet100% Meunier
dég. 23 ott. 2019 – Colpisce la freschezza di questo champagne, la sua vitalità, al punto da quasi dissimulare la sua ricchezza fruttata. È un naso certamente scuro, ma non perché cupo, bensì in quanto richiama chiaramente la sua natura di blanc de noirs, sebbene atipico, ovvero di elegante e ben definita personalità, senza dubbio attraente. Il frutto è perfettamente maturo, è fitto ma non saturante, è legato all’albicocca, ma non disdegna richiami tropicali, con lievi spunti di spezie e di erbe aromatiche. È certamente il naso di uno champagne importante, ma questa grande freschezza fa rima con precisione e mai con opulenza o concentrazione. La spiccata freschezza, peraltro perfettamente integrata, è il leitmotiv anche dell’assaggio, che segue l’olfatto in maniera speculare, ovvero mediando alla perfezione tra ricchezza e verticalità, tra corpo e pulizia, tra grassezza e finezza, tra golosità e precisione, chiudendo poi addirittura rinfrescante su una splendida sapidità. Non è uno champagne da aperitivo e men che meno uno spensierato, ma un ‘grand vin’ per appagare la tavola (peraltro l’obiettivo di Eric…), sia di terra, sia di mare. Personalmente lo adoro, ma anche l’Alberto-critico non ha di che lamentarsi…
Voto: 94/100

tappo Eric Taillet Bansionensi

Eric Taillet non ha un distributore unico in Italia, ma ha scelto di averne diversi. Quattro, se non erro, ai quali si è appena aggiunto un quinto che conosco molto bene anche per via del superbo lavoro che ha fatto, partendo da zero, con altri vigneron. Ebbene, è proprio quest’ultimo che indico qui a seguire…

Gli champagne Eric Taillet sono distribuiti da:
Alberto Massucco Champagne – tel. 0124/518555 – info@massuccochampagne.it

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17 risposte a “Eric Taillet e l’essenza del suo territorio”

  1. Buongiorno, conosco La Closerie del grande Prèvost e Le Pinot Meunier di Collard Chardelle (nature), del quale ho bevuto anche il buonissimo Brut Cuveè Prestige.
    Devo dire che coi primi due ho azzeccato – nel tempo – dei Meunier in purezza eccellenti – tra i non tanti di questa varietà che offre il mercato.
    Sarei però curioso di conoscere – se può svelarlo – il nome di quel produttore che imperversa credendo di fare il miglior P.M. del mondo……o ho capito male, o sono io ad ignorarlo…?
    Grazie

    • Evitiamo polemiche…
      Invece, tra gli altri ottimi Meunier in purezza, posso aggiungere il nuovo di Collard-Picard, La Vigne d’Or di Tarlant e il parcellare di Fabrice Pouillon. Sono tutti i guida…

      • Buongiorno Lupetti
        Complimenti per i suoi consigli sempre preziosi.
        Non riesco a trovare il meunier di Pouillon. Anche sil sito non ne parla.. mi sarebbe piaciuto assaggiarlo.

        • Grazie!

          Si chiama Les Chataigniers 2014, quindi fa parte della linea dei parcellari e si tratta dell’annata del debutto. La produzione è stata irrisoria, ma provi a sentire Pellegrini, l’importatore, magari…

  2. Mi permetto di suggerire 2 altri ottimi esempi di Meunier 100% di piccoli vignerons.
    Tutti quelli di Delouvin-Nowack (in particolare quelli targati Famille Delouvin però) e il Cuvèe Emile di Alain Mercier.
    Ottimi e dallo straordinario rapporto q/p

    • Giusta segnalazione, ma, se permette, li trovo validi nel rapporto q/p e meno in assoluto rispetto agli altri elencati…
      Grazie

      • Ci sta, certo. Come qualità in senso assoluto ritengo però che il vertice sia e resti Les vignes de Vrigny di Egly-Ouriet…

        • Amo Francis Egly e lo ritengo uno dei migliori produttori in assoluto della Champagne, ma diciamo che il Vrigny, senz’altro eccellente, non è il suo fiore all’occhiello, ma è ovvio che stiamo spaccando il capello in quattro, se non in otto…. E poi, per carità, i gusti son gusti!

          • Infatti mi riferivo a quello che reputo sul mercato il top dei Meunier in purezza. Non in senso assoluto rispetto ad Egly, dove sono ben altre le bottiglie importanti…

      • Buongiorno,
        Fac simile di Prévost è sicuramente uno dei rosé che amo di più. Certo il prezzo non è irrisorio, ma vale ogni centesimo speso.
        Una curiosità, a proposito di Meunier: cosa ne pensa di moussé?

        • Cédric è un bravo produttore, uno da non mancare. Senza dubbio. Il ‘problema’ è che sono rimasto più impressionato dai suoi assemblaggi (alcuni veramente ottimi) e dal suo Chardonnay piuttosto che dal suo Meunier in purezza…

  3. Buongiorno, ho contattato via @ l’importatore Massucco da lei suggerito che, oltre a Taillet ha diversi vigneron di talento, tutti presenti in guida.
    Il fatto è che non sempre – anzi – hanno le ultime cuveè e le più recenti annate base o gli ultimi millesimi degli champagne recensiti anche su questo sito e purtroppo – da parte mia – ho la tenace tendenza ad acquistare solo bottiglie R.D. (parafrasando per comodità….).
    Per esempio del Bansionensi hanno ancora l’annata base 2012, crede che meriterebbe anch’esso un 94/100?
    Me lo dica senza problemi.
    Grazie molte!

    • Salve Marco
      io ho bevuto uno stratosferico 2011… siamo ampiamente sopra i 90 punti, ma aldilà del punteggio è un gran bel vino… non vorrei plagiare Alberto: gusto teso, preciso, succoso.
      Bevuto anche bois de binson(ottimo certo, ma più complicato) e exclusivit… questo lo colloco sul podio, il compromesso tra i due.
      Buone bevute

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