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Rendez-vous con Billecart-Salmon: arriva il Meunier!

Nel corso del mio primo viaggio dopo il confinamento mi ero ripromesso un passaggio da Billecart-Salmon. Il passaggio sta diventando una bella abitudine perché, amicizie a parte, la...
di Alberto Lupetti

Champagne Billecart-Salmon N° 1

Nel corso del mio primo viaggio dopo il confinamento mi ero ripromesso un passaggio da Billecart-Salmon. Il passaggio sta diventando una bella abitudine perché, amicizie a parte, la maison di Mareuil sta mostrano una notevole progressione e, considerando che si trovava già a un eccellente livello, l’ambizione al vertice appare tutt’altro che velleitaria. Comunque, l’appuntamento era per il 17 giugno con Antoine Roland-Billecart, per una chiacchierata in funzione del mio libro La Mia Champagne, a seguire una degustazione con lo chef de cave Florent Nys. Si è iniziato con gli assemblaggi basati sui vini del 2019 (dal Brut Réserve fino alla Elisabeth) poi qualche champagne degli ultimi dégorgement e, alla fine, Florent è arrivato con una bottiglia priva di habillage. Mi ha detto di non fare foto né di prendere appunti, perché si trattava di uno champagne inedito del quale non erano stati ancora decisi né nome, né data di uscita. Una piccola pausa e poi, mentre lo versava, mi ha rivelato trattarsi del loro primo Meunier in purezza. Tra me e me ha pensato all’attuale moda del Meunier in Champagne, poi l’ho assaggiato e sono rimasto profondamente colpito. Non il ‘solito’ Meunier, ma il Meunier secondo Billecart. Elegante e piacevolissimo.

chef de cave Florent Nys
Lo scorso giugno lo chef de cave Florent Nys mi aveva già fatto assaggiare in anteprima e nella massima riservatezza questo nuovo champagne: ne rimasi veramente colpito.

Passano circa due mesi e mezzo e il primo settembre sono ancora da Billecart. La scusa è un saluto a Mathieu Roland-Billecart, settima generazione della famiglia e da gennaio 2019 PDG della maison. Stavolta non ci vediamo nella sala di degustazione della Œnologie, ma proprio alla maison. Mathieu mi fa accomodare nella sala di degustazione delle visite e mi chiede cosa vogliamo bere, naturalmente. Come al solito, tento una timida resistenza, al che Mathieu dice “ok, faccio io” e prende alcune bottiglie. La prima, che mi mostra senza nasconderla, ha l’etichetta bianca sulla quale campeggia il numero uno. Eccolo, finalmente in veste ufficiale, il Meunier che avevo assaggiato a giugno! Mi colpiscono il nome e, soprattutto, la scritta ‘rendez-vous’ sia sul collo, sia sulla stessa etichetta, e ne chiedo il significato a Mathieu. Mi spiega che si tratta del primo champagne di una serie a tiratura limitata fatta di cuvée mai fatte prima dalla maison. Da Billecart sperimentano sempre, tutti gli anni, nell’ottica della loro costante ricerca dell’eccellenza, sia in termini di nuovi metodi di viticoltura, sia in termini di tecniche di cantina (vinificazione, maturazione, ecc). Si tratta di esperimenti finalizzati soprattutto a migliorare i sans année pilastri della gamma e, ad esempio, questi esperimenti hanno portato alla nascita delle réserve perpétuelle nel 2006 e, successivamente, delle ‘micro-cuve’ per conservare i vins de réserve destinati unicamente alle liqueur. Non a caso, Mathieu ricorda che “la maggior parte di questi esperimenti non saranno mai visti dagli appassionati”. Nel 2015, però, la maison ha tirato una serie di cuvée inedite per analizzare la maturazione sur lattes di diverse varietà di diverse parcelle e poi ogni anno queste cuvée sono state assaggiate dal Comité de Dégustation (tre generazioni della famiglia, dalla quinta con Jean, passando per la sesta con François e Antoine e fino alla settima con Mathieu e Nicolas), oltre a Florent e Denis Blee, al fianco di tutti gli champagne classici che devono ancora uscire. Beh, nel 2018 gli champagne ‘sperimentali’ stupiscono il gruppo, che decide allora di “condividerli” con i clienti di Billecart. Un appuntamento (da cui il nome della linea ‘Rendez-Vous’) con loro di tanto in tanto, ma con un singolo champagne alla volta, senza regole predefinite: sarà l’assaggio a far decidere, di volta in volta, qualche sarà il vino pronto per il mercato. Va de sé che il primo è questo Meunier, ecco dunque spiegato anche il nome N°1, mentre il successivo (N°2) potrebbe essere un millesimato inedito e il N°3 chissà… Ovviamente, trattandosi si esperimenti, la quantità è e sarà sempre e per forza di cose limitata (una, massimo due cuve, quindi qualche migliaio di bottiglie).

Mathieu-Roland Billecart
La degustazione ufficiale due mesi e mezzo più tardi con Mathieu-Roland Billecart, la nuova guida della maison che – sono pronto a scommetterci – porterà Billecart-Salmon ancora più in alto.

Pertanto, nella serie ‘Les Rendez-Vous de Billecart-Salmon’, si inizia con questo N°1, Meunier in purezza che è una tesi sull’enclave di questa varietà, quindi la parte della Vallée de la Marne più occidentale, dopo Damery. Le uve, infatti, provengono da villaggi tipici dell’approvvigionamento della maison, addirittura dei pilastri del loro stile per quanto riguarda il Meunier: Leuvrigny e Festigny (Rive Gauche), da parcelle esposte a est e sud, su suoli calcarei, ma anche da Venteuil (Rive Droite), dove i vigneti sono invece esposti totalmente a sud su suoli limosi. Le uve della vendemmia 2014 sono state vinificate in acciaio a bassa temperatura (13°C) con la malolattica parziale e poi i vini assemblati con il 33% di vins de réserve della sola annata 2012: in questo modo si è ricercato l’equilibrio tra un’annata mediamente calda e generosa, l’altra di acidità e lunghezza. Tirato nell’estate 2015, lo champagne ha poi maturato più di 4 anni (52 mesi per la precisione) sui lieviti ed è stato poi dosato da extra-brut, come evidenziato in etichetta, esattamente a 4,5 g/l. Il tappo, come tradizione di Billecart per i non millesimati, è di tipo ‘tecnologico’.

Controetichetta Billecart-Salmon N° 1
Con questo champagne inedito la maison ha iniziato a rivelare praticamente tutto del vino in controetichetta.

N°1

Bottiglia Billecart-Salmon N° 1100% Meunier
Non appena metti il naso nel calice trovi evidente lo stile Billecart, ma con sfumature inedite, forse perfino atipiche. L’impostazione è sulla finezza più che genericamente elegante, quindi lo champagne appare immediatamente ben lontano da quell’estrazione di frutto e quello stile ossidativo che qualche ciarlatano vuole far credere siano i cardini del Meunier in purezza. Nel dettaglio, l’espressione è, in un contesto di spiccata freschezza al fianco di una confortante sensazione di concretezza, prima di tutto floreale (viola), con i frutti freschi e piccoli (sia rossi sia neri: cassis, ciliegia, lampone) su un fondo agrumato. La bocca è fresca e tonica, di grande purezza, caratterizzata da un tocco palatale leggero, ovvero elegante, con il frutto ora protagonista (soprattutto pera e uva spina) e anch’esso sempre fresco. La progressione è gustosa, croccante, asciutta, molto rispettosa dello stile della maison, per questo voglio sottolineare ancora una volta che si non tratta di ‘un Meunier’, l’ennesimo, ma del ‘Meunier secondo Billecart’. Chiude netto e invariabilmente fresco, caratterizzato da una fine persistenza ma notevole lunghezza. Un vino di piacere, leggero ma non etereo, anche per via del dosaggio veramente perfetto.
Voto: 92/100

Tappo Billecart-Salmon N° 1
Perché la ‘capsule’ è blu? Perché è un colore mai utilizzato nella gamma tradizionale e perché… è il colore preferito di Mathieu!

Un ottimo aperitivo, ma anche uno champagne perfetto per accompagnare piatti semplici ancorché gustosi, dal Parmigiano-Reggiano 30 mesi ai grandi salumi (io ci vedrei lo Strolghino di Squisito), me penso anche alla ‘cacio e pepe’ di Flavio (al Velavevodetto) o al ‘risotto alla milanese’ di Mamma Mia, perché no? Insomma, questo debutto di Billecart non è solo ottimamente riuscito, ma è pure particolarmente versatile: bravi!

Al termine della degustazione, prima di essere nuovamente stupito dal Clos St-Hilaire 2003 alla cieca (presto la scheda del nuovo assaggio sulla piattaforma https://members.lamiachampagne.com) e poi definitivamente steso dall’anteprima della Cuvée Elisabeth 2008 in magnum, chiedo a Mathieu “posso scriverne?”. Mi risponde “sì, ma solo a partire da venerdi”, ovvero dopo il suo lancio ufficiale fatto sul canale IGTV di Instagram dallo stesso Mathieu il 4 settembre scorso, che, molto giustamente (bravo!!!!) consiglia di utilizzare un calice di valore.

Gli champagne Billecart-Salmon sono distribuiti in esclusiva da:
Velier – Tel. 010/3108611 – www.velier.it

Suggerimenti a tema:

4 risposte a “Rendez-vous con Billecart-Salmon: arriva il Meunier!”

  1. Buongiorno avrei un suggerimento da proporre nella schede di degustazione degli champagne. Personalmente non amo gli champagne che abbiamo uno stile ossidativo.
    Sarebbe una buona idea, inserire nelle schede degli champagne se vi è tale caratteristica che per me è addirittura un difetto.

    • In effetti è quanto abbiamo cercato di fare nella guida Grandi Champagne (e nella piattaforma Club LeMieBollicine) con l’indice di maturità…

      • Alberto grazie dell’informazione, a me è capitato di bere champagne non maturi e riscontrare il difetto di ossidazione. A tal proposito, per meglio far capire quanto dico, copio/incollo un capitolo del libro di Moio il respiro del vino.
        Una flûte di champagne a Parigi

        ” Una sera di ottobre del 2015 mi trovavo a Parigi con mia figlia Rosa. Decidemmo di pranzare in un noto ristorante di Saint-Germain-des- Prés, uno dei miei quartieri preferiti per le tante librerie aperte fino a tarda notte e i vecchi negozi di antiquariato. Dopo esserci accomodati al nostro tavolo e aver scelto le prelibatezze con cui deliziarci il palato, il sommelier ci consigliò una particolare bottiglia di Champagne. Dopo che ce lo ebbe versato in una elegante flûte, lo accostai alle narici e annusandolo mi resi conto che era completamente ossidato. Emanava un fortissimo odore di mela marcia e al gusto era molto amaro. Guardai Rosa che, divertita dalla mia smorfia di disgusto a malapena trattenuta, sorridendo mi chiese: «Che hai, papà? Anche a te l’odore di questo champagne sembra… come dire, un po’ strano?».
        «Sì, tesoro, hai ragione, ha un forte odore di acetaldeide.»
        «Acetalcosa, papà? Che hai detto?» Mia figlia è una giovane donna di lettere, alle sue orecchie quel termine sembrò quasi una parolaccia.
        «Acetaldeide, Rosa. È una molecola che si origina dall’alcol etilico quando questo viene aggredito dall’ossigeno e nei casi in cui è molto evidente, come in questo vino, vuol dire che gli odori propri del vino sono completamente svaniti. L’odore di acetaldeide, tranne che in alcuni vini come il Porto, il Vin Jaune du Jura, il Madeira, i vini di Jerez de la Frontera, il Marsala, è sempre indicativo di un decadimento olfattivo. Può apparire in tutti i vini del mondo, indipendentemente dall’uva, dal territorio e dal costo della bottiglia, rendendoli tutti molto simili tra loro. In pratica è un indice di banalizzazione del vino.»
        «Ma dai, papà, è pazzesco, ho appena visto il prezzo di questa bottiglia sulla carta dei vini: costa tantissimo! Come può essere piena di difetti una bottiglia così cara?!»
        «Eh sì, tesoro, costa tanto, ma non è da questo parametro che si può giudicare la qualità di un vino. Purtroppo sta accadendo sempre con maggiore frequenza che vini costosi con banalissimi difetti d’odore vengano apprezzati, come se quei loro difetti olfattivi fossero caratteri

        di qualità e addirittura di personalità del vino; ma l’aspetto più stravagante di tutto ciò è che questi vini possono essere facilmente prodotti da chiunque, in ogni angolo del mondo in cui sia possibile coltivare un po’ d’uva.»
        «Dici davvero?»
        «Ebbene sì, Rosa, è proprio così. Avvicina di nuovo il naso al bicchiere. Cosa senti?»
        «Papà… a dire il vero, sa quasi di putrido.»
        «Non sei lontana dalla verità, tesoro, perché questo particolare tipo di odore può apparire facilmente essendo dovuto al semplice deterioramento organico del vino. Pazienza, spero tanto che i consumatori comincino a capire come stanno le cose.»
        «C’è davvero gente che riesce a bere un vino così senza protestare, papà?»
        «È incredibile, ma le cose spesso e volentieri stanno proprio così. È come accettare di mangiare ostriche avariate e frutta marcia e bere acqua putrida. Mi sembra una pericolosa involuzione del gusto.»
        «È un’offesa alla poesia del vino, non ti pare?»
        «Già, tesoro» le sorrisi notando la sua dolcezza infinita anche nell’esprimere disappunto, «è proprio come dici. Bisognerebbe spiegare bene e con molta semplicità, una volta per tutte, che cosa siano davvero i caratteri di tipicità e di qualità del vino e che cosa siano, invece, i difetti.»
        «È paradossale, papà! Il vino dovrebbe essere un piacere. Guarda, sta tornando il sommelier. E adesso che gli diciamo?» chiese Rosa, preoccupata e divertita al tempo stesso.
        «Lascia fare a me, stai a vedere.»
        Il sommelier si avvicinò al nostro tavolo.
        «Lo Champagne è di vostro gradimento, signori?»
        Gli risposi con garbo che purtroppo no, non ci piaceva affatto. Gli feci notare che il vino era difettoso, completamente ossidato e per nulla gradevole. Un’espressione d’inquieta sorpresa si disegnò sul suo volto.
        «Ma com’è possibile, signore, quello che vi ho consigliato è un vino naturale!»

        Gli risposi che indipendentemente dal fatto che fosse “naturale” o meno, aspetto per me del tutto secondario, avrei desiderato che non fosse ossidato e che non emanasse quel terribile sentore di putrido.
        «Ne ho assaggiati di vini cosiddetti naturali» continuai a dirgli «e non erano affatto difettosi, ma piuttosto puliti, con odori gradevoli e bene equilibrati al gusto.»
        Visibilmente teso, il sommelier prese tra le mani la bottiglia, la osservò con attenzione e, sorridendomi, forse con il proposito di essere convincente e di portare la presunta ragione dalla sua parte, incalzò: «Signore, molti vini di oggi hanno proprio queste strane note, che tra l’altro sono molto apprezzate e di moda. Pensi che in alcuni locali di Parigi si servono esclusivamente vini del genere!».
        «Mi fa piacere che molti apprezzino questi vini» replicai, anch’io con un sorriso, «ma purtroppo non ne comprendo affatto il motivo. Sarà un mio limite, certo. Però voglio dirle una cosa: nel proporci le ostriche, il maître ci ha decantato la loro straordinaria qualità, la freschezza e la purezza delle acque in cui sono state allevate, invitandoci a seguirlo con l’immaginazione in riva al mare e facendocene quasi sentire lo splendido odore e il rumore delle onde. E devo ammettere che le ostriche che ci sono state servite erano effettivamente ottime, una prelibatezza assoluta. Proprio per questo, ci auguravamo che lei ci facesse assaggiare un vino altrettanto puro, pulito, profumato, con un gusto pieno e appagante e magari con un finale lungo, con aromi gradevoli e persistenti. Vero, Rosa?»
        «Certo, papà, un vino così mi piacerebbe molto.»
        «Lo Champagne che lei ci ha consigliato, invece, purtroppo non corrisponde affatto alle nostre attese. È quasi come se lei ci avesse portati a mangiare quelle meravigliose ostriche in un luogo maleodorante.»
        Il sommelier, perplesso e meravigliato dalle mie considerazioni, versò un po’ di quello Champagne in una flûte e si soffermò ad assaggiarlo con molta attenzione. Dopo un istante, mi guardò, come se la mia gentile protesta gli sembrasse alla fine ragionevole, e annuendo mi rispose: «Signore, devo dire che lei ha proprio ragione, ma come le dicevo poc’anzi» continuò con un sorriso forzato «è la moda».
        «Sono contento che lei sia d’accordo con me. Probabilmente sarà una moda, come lei dice, che comunque considero alquanto bizzarra: non ne comprendo il senso, pur rendendomi conto che si tende a dare spazio ad approcci produttivi più naturali, che c’è una maggiore coscienza ambientale, un’attenzione all’artigianalità della creazione, tutte cose che ovviamente condivido e ammiro. Del resto non potrebbe essere altrimenti, visto che sono un agronomo e che vivo in campagna tra bellissime vigne curate come giardini, amo circondarmi di piante profumate e godo del cinguettio degli uccelli dall’alba al tramonto; ma questo non vuol dire che io accetti di mangiare frutta marcia, carne avariata, pesce putrefatto, o di bere un vino deteriorato e, tra l’altro, così costoso.»
        Il sommelier, intuendo che era inutile continuare a addurre motivazioni poco convincenti, semplicemente perché poco circostanziate, provò un senso di smarrimento che fece sorridere di gusto mia figlia, per quanto lui cercasse di celarlo. Dopo una lieve schiarita di gola, con voce flautata replicò: «Sono perfettamente d’accordo con lei, signore. Le cambio subito la bottiglia, scelga lei quale gradisce bere, questa gliela offro io…».

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