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Il Personaggio

A tu per tu con Beppe Palmieri, tra champagne, consigli di abbinamento e riflessioni

Giuseppe (Beppe) Palmieri, classe 1975, materano di nascita ma modenese di adozione, è il maître dell’Osteria Francescana, il regno di Massimo Bottura. Preferisco definirlo maître e non semplicemente...
di Alberto Lupetti

beppe palmieriGiuseppe (Beppe) Palmieri, classe 1975, materano di nascita ma modenese di adozione, è il maître dell’Osteria Francescana, il regno di Massimo Bottura. Preferisco definirlo maître e non semplicemente sommelier per diversi motivi. Innanzitutto, oggi sommelier è tanto l’appassionato di vino che fa il corso omonimo, quanto chi è professionista del vino come Beppe, pertanto un distinguo mi sembra quantomeno doveroso. Poi figure come quella di Beppe non solo consigliano il vino al tavolo, lo servono nelle condizioni migliori e sono i custodi della cantina, ma sono molto di più. Sono i discreti registi del ristorante, l’ideale proseguimento in sala dello chef dietro ai fornelli, l’anima dei tavoli che fa sentire i commensali ospiti, addirittura amici coccolati. Ecco, nessuno all’infuori dello stesso Bottura saprà descrivervi i piatti della Francescana come Beppe, poetico ma concreto, al punto che non vedrete l’ora di gustare questi autentici capolavori. E da grandissimo conoscitore e appassionato del vino, Beppe sa lasciare massima libertà di scelta agli ospiti, così come consigliarli in accostamenti che possono essere confortanti oppure arditi, a seconda di chi ha di fronte, ma sempre riuscitissimi. E questo suo modo di fare, questo suo modo di essere, la sua passione e la sua forte personalità lo hanno elevato quasi al ruolo di personaggio, che, però, lui rifugge per rimanere fedele alla sua natura defilata, quasi al suo essere schivo. Perché il suo motto è “basso profilo e altissime prestazioni”!

Alberto – Beppe, se ti dico che lo champagne è il vino più longevo e versatile, cosa mi rispondi?
Beppe – Lo champagne è un modello universale sul quale si poggiano gioie e dolori di noi tutti. Lo champagne è universale. Lo champagne è un contenitore ideale di carbonica e felicità, è corroborante per la mente e per il fisico. Longevo vuol dire di fatto tale, perché gli Uomini che da anni creano questo vino oramai mitico, non hanno mai preso scorciatoie. Fare qualità, a 360 gradi vuol dire questo. È una questione di mentalità e il risultato è una conseguenza, mentre l’Œnotèque 1975 di Dom Pérignon ne è la dimostrazione. Anzi, Dom Pérignon è di per sé l’esempio di come sia possibile fare grandi numeri in funzione di uno standard di qualità elevato con la prospettiva di lanciare il prodotto nel tempo. La cultura della qualità vuol dire anche questo: proiettare nel tempo un prodotto, fare continuamente ricerca, fare avanguardia. E le qualità di cui stiamo discutendo sono innanzitutto la conseguenza di un grande lavoro alla fonte, maniacalità e il culto per la qualità di un prodotto sono la base scientifica e culturale per arrivare al risultato.

Queste alcune considerazioni a proposito dello champagne, versatile e longevo più di qualsiasi altro vino.

Beppe e sua moglie Gabriela
Beppe e sua moglie Gabriela, compagna nella vita e, in un certo senso, anche nel lavoro, visto che è lei a illuminare l’altra creatura di Massimo Bottura, La Franceschetta.

Alberto – Nelle tua esperienza professionale, quanto hai visto lo champagne protagonista di tutto il menu? E cose ne pensi di accompagnare tutti i piatti con lo champagne, anche cambiando etichetta durante la serata?
Beppe
– La grande forza dello champagne sta nei suoi tanti pregi, la vigoria, la sua dimensione veloce e dinamica: in bocca è agile, spinge sul palato, è algido ma rassicurante. A tutto pasto, poi, è vincente come nessun altro prodotto, mentre geograficamente parlando si estende per oltre 100 km, il che vuol dire una diversificazione e un portafoglio di occasioni che lo rendono ineguagliabile.
Lo champagne è da sempre una grande passione per me. PH molto basso e acidità alle stelle sono la formula della felicità: aristocratico, preciso, disarmante nell’abbinamento a tutto pasto: lo champagne probabilmente è il bicchiere universale, il vino veramente a 360 gradi. Ecco, sarebbe interessante provare a organizzare un abbinamento tra parte di un menu degustazione e un percorso legato allo champagne: vediamo.

Menu degustazione “I Classici” dell’Osteria Francescana

Prima di iniziare, però, perché non un aperitivo? Perché non fare una riflessione su un aperitivo classico francese, il Kir Royal, ma poi vestirlo di “modenesità”?

Prendete un bicchiere, sporcatelo con 4 gocce di un grande aceto balsamico tradizionale che andrà a sostituire la creme de cassis e versate il Réserve di Jean Vesselle, un piccolo grande capolavoro di Bouzy, un Pinot Nero facile, fresco e incredibilmente irresistibile! Ecco che avrete servito un Kir Royal alla modenese!

Ma cominciamo a riflettere sul menu “I Classici” e lo champagne.

Aulla in carpione: un piccolo pesce di fiume in carpione, tecnica tradizionale di marinatura a base di aceto di vino ed erbe aromatiche. Vi affiancherei un extra dry, mi piace l’idea di cominciare con qualcosa di verde e di fresco. In quel di Tour-sur-Marne i baffi di Lamiable e il suo Extra Dry vi sorprenderanno per velocità e godibilità.

Capitone laccato: grasso, ricco, complesso. Un grande piatto classico. Penso immediatamente a uno champagne di tale misura e la mia mente vola agli ingredienti che fanno il piatto: il capitone in primis, poi la laccatura a base di soia e Saba emiliana (detta anche Sapa, uno sciroppo d’uva molto matura, quindi dolce, con spezie ed essenze varie, N.d.A.), mela verde, polenta e cipolla bruciata, ecco, con questo piatto non ho dubbi, ne ho un ricordo indelebile, Philipponnat Clos de Goisses magnum 1954: idrocarburiche mineralità al servizio di una bolla fine, complessa, vibrante e tremendamente irresistibile.

Omaggio a T. Monk: il merluzzo nero, la sua pelle toccata da una polvere di alghe e ricci di mare, la sapidità del brodo tradizionale giapponese a base di tonno essiccato. Ecco, io vi immagino un bicchiere di Jacquesson Dégorgement Tardif 1985: ciclopico, largo e completo, avvolgente di una setosità e complessità da fuoriclasse.

Questi tre piatti in contatto con tre etichette, un esempio per dimostrare che lo champagne e la cucina gastronomica contemporanea sono un binomio indissolubile.

piatto di massimo bottura Omaggio a T. Monk
Uno dei grandi piatti di Massimo Buttora, l’Omaggio a T. Monk, che Beppe accosta a uno champagne da veri intenditori come il Dégorgement Tardif 1985 (Grand Vin Signature, N.d.A.) di Jacquesson.

Alberto – Ecco, avrei voluto chiederti dell’abbinamento con i piatti di Massimo Bottura ma vedo che sei già avanti… Allora mettiamo i piedi per terra e addentriamoci nell’Emilia contadina, terra di squisitezze nella quale il “suo” Lambrusco si rivela vincente nell’abbinamento. Dài, proviamo ad accostare alcune di queste icone gastronomiche allo champagne, dal Parmigiano ai grandi salumi, quindi il Culatello e i suoi cugini, magari tutti affiancati dal classico gnocco fritto…
Beppe – Lo champagne è un vino largamente diffuso in Emilia. Ha affiancato lo storico Lambrusco, prodotto in grande crescita, ed è man mano diventato un’alternativa al vino “made” in Emilia”. In un bacino legato a un giacimento così prezioso, culatelli e salami, Parmigiano e mariole, accompagnati da gnocco fritto o al forno, lo champagne è considerato un bicchiere assoluto. Sarebbe bello organizzare un pranzo da Massimo Spigaroli, il produttore di riferimento dei salumi emiliani, e fare una degustazione alla cieca di 5 grandi champagne da abbinare a un Culatello di 5 anni (Platino), allo Strolghino di Culatello, al Salame, alla Mariola e al Lardo, tutti di razza Nera Parmigiana. Gli champagne potrebbero essere l’R.D. 1990 di Bollinger, il Billecart-Salmon Clos St. Hilaire 1995, altri due 1990 da sogno come l’Œnotèque di Dom Pérignon e la Cuvée Sir Winston di Pol Roger e, infine, il Salon 1982, da abbinare senza condizionamenti nella maniera più interessante. E… alla cieca ci sono sempre grandi sorprese!

abbinamento champagne Salon 1982 e Culatello di Nera Parmigiana di Massimo Spigaroli
Non poteva esimersi, Beppe, dall’accostamento tra grandi champagne e grandi salumi emiliani, come, ad esempio, il Culatello di Nera Parmigiana di Massimo Spigaroli e un monumento come il Salon 1982.

AlbertoMassimo Spigaroli è un grande e una cosa del genere sarebbe straordinaria! Comunque, la riga da lui tracciata è oggi seguita da qualche altro produttore molto promettente e, in proposito, mi viene in mente Angelo Capasso di Squisito, che per me sta a Massimo Spigaroli un po’ come Jérôme Prévost od Olivier Collin stanno ad Anselme Selosse. Per non parlare di quell’autentico galantuomo di Massimo Pezzani dell’Antica Ardenga… Ma torniamo a noi per incalzarti ancora con gli abbinamenti tra champagne e la classica cucina emiliana: cosa mettiamo al fianco di un paio di primi  come le tagliatelle al ragù e i tortellini in brodo?
Beppe
– Ma sì, le tagliatelle, perché no? Comunque è un argomento delicato. La soluzione ideale è scegliere champagne poco dosati, di impostazione classica. Penso a Marie Noelle Ledru e al suo Brut, champagne ufficiale della Francescana da 4 anni, un piccolo capolavoro, strepitoso con le paste all’uovo “made in Modena”.

champagne Cristal Rosé 1988.
Ancora abbinamenti con la tradizione emiliana: stavolta tocca ai salumi da cuocere, che Beppe accosta a quello che per me è uno dei più grandi rosé di sempre, il Cristal Rosé 1988.

Alberto – In effetti il Brut della Ledru è la sua etichetta meglio riuscita, te lo dico pur non amando particolarmente questa produttrice, molto espressiva ma spesso sconfinante nel rustico. Comunque, dopo i primi, i secondi della tradizione: un piatto singolare ma molto gustoso come può essere solo il Cotechino o suoi cugini, quindi Mariola e Prete.
Beppe
– Beh, Cotechino vuol dire puro godimento: grasso ma felice! Lo champagne? Rosé senza alcun dubbio: ho un ricordo inscalfibile del più grande rosé io abbia mai bevuto e che sarebbe perfetto con il Cotechino: Cristal Rosé 1988, la perfezione velata di cenere, di grigio e di rosa.

bottiglie di champagne Krug Collection 1961
Un “mostro”: il Krug Collection 1961, tra i preferiti di Beppe e di un grande amico dell’Osteria Francescana, Filippo Borghi

Alberto – A chi lo dici! Di questo rosé monumentale ho anch’io ricordi straordinari e non ringrazierò mai abbastanza Jean-Baptiste Lécaillon per averlo aperto nella nostra consueta cena di Natale, a Reims. Comunque, a questo punto, raccontami un tuo aneddoto con lo champagne…
Beppe
– Più che un aneddoto, approfitto di questa tua domanda per ricordare un grande bevitore di champagne, grande uomo, un emiliano vero. Grande imprenditore, venuto a mancare due anni fa, Filippo Borghi. Era sua abitudine venire a pranzo in Francescana, una-due volte al mese, ordinare due piatti alla carta e bere solo ed esclusivamente Krug Collection, 1976, 1969, 1964 oppure 1961. Una persona speciale che, senza fare troppo rumore, ha vissuto il suo rapporto con lo champagne sollevando il suo palato fino al livello più alto!

Dom Pérignon Œnotèque 1976
Dom Pérignon Œnotèque 1976, uno dei tre champagne del cuore di Beppe.

Alberto – Beh, parlando mi son fatto un’idea degli champagne che preferisci, però voglio chiedertelo direttamente: dimmi i tre del cuore e perché?
Beppe – Ti rispondo direttamente: Krug Collection 1961, che avrai già capito, quindi Dom Pérignon Œnotèque, ma non il 1975 di cui ho detto prima bensì il 1976, e poi Taittinger Comtes de Champagne 1996. Perché? Al cuor non si comanda…

Alberto – Krug e Dom Pérignon sono sempre straordinari in queste vecchie annate, ma mi sorprende come in diversi amino il 1976 di Œnotèque… L’ho ribevuto giusto a dicembre dello scorso anno e, per carità, è buono, buonissimo, ma ritengo che 1971 e soprattutto 1969 siano superiori. Mi ricordo che ne abbiamo già parlato e mi hai detto di non averli mai assaggiati, ma… possiamo rimediare!
Per quanto riguarda il Comtes, infine, hai ragione: dalle degustazioni appena terminate dei migliori champagne del 1996 (l’articolo sarà pubblicato prossimamente proprio qui, su Le Mie Bollicine) questo blanc de blancs è emerso prepotentemente.
Bene, facciamo discorsi più umani e generalisti; in tema di bollicine, c’è lo champagne e poi tutto il resto? Gli spumanti italiani, poi, quanto vivono tuttora di luce riflessa? E il fenomeno del Prosecco, soprattutto all’estero?

tatuaggio beppe palmieri
Uno dei tatuaggi di Beppe, visibili solo quando non è in veste ufficiale: è l’ennesima dimostrane del suo essere tanto schivo quanto animato da fortissima personalità allo stesso tempo.

Beppe – Francamente credo che sia un grave errore paragonare champagne e bollicine italiane. Negli ultimi anni, soprattutto durante il periodo natalizio, si leggono articoli di presunti maghi della statistica che fanno paragoni tra i due comparti e sottolineano il successo dell’Italia. Fare la gara a chi riesce sul mercato, credo sia un danno per i nostri prodotti. La differenza tra champagne e Italia frizzante vede ancora una grande differenza a vantaggio dei cugini d’oltralpe: storia, tradizione ed esperienza sono loro appannaggio. Ma se noi avremo l’umiltà e il coraggio di riconoscere questa sostanziale differenza, allora avremo la possibilità di continuare il nostro percorso che ci vede in forte crescita e in grande espansione. Se, al contrario, tenteremo la bagarre contro i francesi, saremo costantemente additati per presunzione e arroganza. Penso al Giulio Ferrari Riserva del Fondatore e cito solo un prodotto in grado di fare bene in una degustazione al cospetto di un grande champagne e, quindi, credo sia il caso di promuovere i nostri prodotti con un atteggiamento costruttivo e con la volontà di emulare chi in Francia da centinaia di anni persevera nella cultura della qualità in bottiglia. Io amo l’Italia e i nostri prodotti, dal Franciacorta al Prosecco, ma farei un torto al tricolore se vantassi un primato che non ci appartiene.

Alberto – In principio c’era la coppa, poi è arrivata la flûte, ora si spazia da flûte moderne ad ampi calici da rosso. Ma per evitare di far impazzire i tuoi colleghi o l’appassionato che vuole dotarsi dei bicchieri giusti, proviamo a individuarne due, uno per champagne giovani o non millesimati e un altro per quelli più maturi o le cuvée de prestige
Beppe
– Il bicchiere ideale è quello che ognuno di noi preferisce. Spero finisca la corsa a eleggere il bicchiere perfetto. Non esiste. Esistono mille risvolti, ognuno di noi è forte di una sensibilità specifica e di un gusto molto personale. Le stesse classifiche rischiano di essere un limite e rappresentano male il principio per cui essere liberali vuol dire condividere le preferenze degli altri, del gruppo.

motto tatuaggio
Il motto di Beppe è anche un tatuaggio e il suo blog, oramai un punto di riferimento per colleghi, appassionati, curiosi in cerca di un consiglio per un abbinamento cibo-vino.

Alberto – Lasciamo lo champagne e parliamo un po’ della tua idea di avvicinare i tuoi colleghi e creare una sorta di movimento che valorizzi la figura in estinzione del maître, come complemento irrinunciabile e indissolubile dello chef. Un movimento che ti vede attivo insieme all’amico Luca Boccoli e tanti altri. So che avete in mente qualcosa, ne vuoi parlare?
Beppe – Più di un anno fa ho iniziato a lavorare su un progetto che poggia sul mio blog, Glocal. L’intenzione era di tentare la divulgazione di una nuova idea di Sala e di Cantina, a mio parere trascurata e disincentivata. Al tempo stesso, e oggi più che mai, credo sia utile creare un gruppo, il gruppo Italia. In un Paese che vive una grande crisi, economica e di valori, in cui tutti si dividono e si attaccano, noi dobbiamo fare squadra, essere compatti e soprattutto dobbiamo volerci bene.
C’è un tremendo bisogno di cultura, c’è bisogno di dimostrare che la Sala e la Cantina italiana possono completare il grande lavoro fatto dai grandi chef italiani negli ultimi 10 anni, quando hanno consegnato le nostre tavole e i nostri prodotti al vertice mondiale.
Comunicare al meglio, essere colti e disponibili, abbassare i toni, abbracciare idealmente i nostri ospiti, sono solo alcuni degli obiettivi che il “gruppo Italia di Sala e Cantina” ha il dovere di sviluppare. C’è tanto da fare, siamo all’inizio di un percorso da sviluppare in cui tutti devono partecipare, non ci sono invidie, non c’è nessuno al comando: tutti per uno, uno per tutti!
blog beppe palmieri

Suggerimenti a tema:

4 risposte a “A tu per tu con Beppe Palmieri, tra champagne, consigli di abbinamento e riflessioni”

  1. beppe palmieri fa parte di quelle poche persone che hanno saputo coniugare competenza, dedizione, umiltà, spirito di ricerca, curiosità, ironia, anche autoironia, e tutto ad altissimo livello. quindi non cade mai nel pericolo di mettere se stesso al centro della scena, al posto del suo interlocutore; di annoiare chi lo ascolta con nozionismo pedante; di sottovalutare l’importanza anche dei più piccoli dettagli. ama quello che fa, e si vede.
    bravo beps.

    • Giustissimo, Anna, figure come quelle di Beppe sono oggi più uniche che rare. Ma, proprio grazie alla sua iniziativa e al suo innato desiderio di fare squadra, è possible che a breve vedremo altri suoi colleghi unirsi a lui per la valorizzazione della figura del maître: grande Beppe!

  2. Ho una bottiglia di don perignon del 1982 conservata da anni in cantina Vorrei sapere se è ancora bevibile. Grazie!

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