Conosco Jean-Philippe Trousset oramai da un po’. Me lo presentò, insieme a sua moglie Karine, Marie Doyard in occasione di un piccolo salone dei vigneron a Reims, era il 2016, se non erro. Mi colpirono subito la pulizia e la precisione degli champagne, la loro fresca e accessibile bevibilità senza scadere nella banalità. Quegli champagne sino poi arrivati in Italia grazie all’iniziativa di Alberto Massucco, comunque non ho mai smesso di passare a trovare Jean-Philippe e Karine, almeno un paio di volte l’anno.
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Oddio, in realtà Charles Heidsieck ha ripristinato questa dicitura in controetichetta già da un po’, ma ora, grazie alla linea ‘La Collection Crayères’, quindi le vecchie bottiglie conservate nelle antiche cantine della maison a Reims, le Crayères appunto, e riproposte di anno in anno in quantità limitata, ritornano in vita i ‘Mise en Cave’ originali, quelli ideati e fatti a suo tempo dal mitico chef de cave Daniel Thibault.
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Sabato 24 ottobre ho avuto il piacere e l’onore di guidare un’incredibile degustazione Krug presso l’Enoteca Belsito a Roma. Una degustazione fermamente voluta dalla titolare, Stella, che mi ha coinvolto nella conduzione, in modo che potessi accompagnare gli splendidi champagne con la mia esperienza di oltre tre lustri con la maison di Reims.
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L’anno è cominciato molto bene per Pol Roger, che ha lanciato un Sir Winston Churchill 2009 tanto inaspettato quanto eccellente. E, ovviamente, non è finita, perché è ora la volta dei classici millesimati, che si confrontano però con l’annata 2013. Un’annata particolare: erano diversi anni che non si vendemmiava a ottobre ed era dal 1980 che non si arriva al 9 ottobre! Si tratta, pertanto, di un’annata che ha dato champagne ‘classici’, o meglio, un po’ ‘vecchia scuola’, profondamente diversi da quelli ai quali siamo oramai stabilmente abituati.
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Lunedi della prossima settimana partirà la stampa delle prime pagine del mio libro, ‘La Mia Champagne’. Ho cominciato a parlarne più di tre anni fa, quando ho di fatto iniziato a scriverlo, ma poi mi sono preso tutto il tempo per finirlo e, soprattutto, farlo al meglio. Infatti, non è il ‘solito’ libro sullo champagne. No. Ad esempio, non troverete il ciclo produttivo di una bottiglia e non troverete nemmeno le solite storielle su Dom Pérignon. No. Proprio no.
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Credo che tutti noi dimenticheremo presto il 2020, un anno che ha tenuto terribilmente fede al tristemente noto detto ‘anno bisesto, anno funesto’, ciò nonostante agli appassionati di vino rimarrà il ricordo indelebile di Krug. Infatti, la mitica maison di Reims ha stupito tutti, pure i più reticenti ‘krugisti’ di tradizione, con una Grande Cuvée che si candita a essere la più buona di sempre, almeno finora, la 168ème. Non solo. È anche l’anno in cui il ruolo di chef de cave è ricoperto per la prima volta da una donna, Julie Cavil.
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Nel 2016 Ayala lanciava uno champagne particolare, non solo in edizione limitata, ma anche come unico assemblaggio, nel senso che non sarebbe stato mai più ripetuto. Era un rosé, si chiamava N°8 e le sole 15.000 bottiglie prodotte volevano testimoniare in maniera preziosa la rinascita di Ayala. La maison, un tempo tra le più importanti di Champagne, aveva via via perso lo smalto con la crisi degli anni ‘90 e nemmeno l’acquisto da parte del finanziere Frey era riuscito a rilanciarla.
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Da un po’ di tempo avrete notato che la frequenza di pubblicazione di LeMieBollicine si è ridotta, passando da due a un solo articolo ogni settimana. Non me ne vogliate. La stesura finale del libro ‘La Mia Champagne’ sta prendendo tutto il mio tempo e non posso assolutamente non rispettare la data di uscita prevista, fine novembre. Anche perché moltissimi di voi mi stanno testimoniando in maniera a dir poco commovente l’attesa per questa mia prima opera omnia sullo champagne.
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A rischio di ripetermi: Bruno Paillard, la maison, quindi lo stesso Bruno e sua figlia Alice, sono a mio avviso gli artisti dello Chardonnay. Non a caso, figurano ben tre blanc de blancs in gamma: l’omonimo Grand Cru, nella linea dei ‘Multi-Millésimé’, il Millésimé e il raro Le-Mesnil, coraggiosamente proposto anche come Coteaux Champenois Blanc.
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Conosco Jean-Baptiste Geoffroy da tempo, condividendone l’amicizia con Fabrice Gass. Tra l’altro, gli champagne di Jean-Baptiste avevano ben figurato già nell’edizione 2016-17 della guida Grandi Champagne, ma poi una serie di vicissitudini indipendenti dalle nostre volontà e sulle quali mi consentirete di sorvolare, ci avevano un po’ allontanati. Nel frattempo, comunque, non erano mancati alcuni incontri a casa di Fabrice, in occasione di degustazioni alle quali Jean-Baptiste aveva sempre portato un suo champagne.
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